Gli dei crearono l’essere umano
donandogli la postura eretta
così da poter accogliere la forza
di parlare, di distinguere, di agire
affinché l’anima vivente compenetri il corpo
con vita, sentimento e coscienza.
Gli fu donato l’abito della bellezza,
la sorgente della ragione,
la forza dell’azione,
ed esso stava al centro del creato
quale sua creatura,
mandato sulla terra
scese nel mondo degli elementi,
e la forza del suo io lo compenetrò,
come un lampo.
Lea van der Pals
All’inizio del XX secolo vi erano artisti e insegnanti di danza che tentavano di percorrere vie nuove nel movimento e nelle rappresentazioni sceniche. Sentivano come troppo rigide le forme del balletto classico e cercavano nuove espressioni per la loro creatività. Quell’impulso è legato ai nomi di Isadora Duncan, di Rudolf von Laban, di Mary Wigmann…
L’intento di Rudolf Steiner era diverso: “Può danzarlo?” domandò nel 1908 alla giovane pittrice Margarita Woloscin alla conclusione di una conferenza sul Prologo del Vangelo di Giovanni, sul passo in cui dice:”In principio era il Verbo…”. Steiner collegava il proprio impulso artistico alla forza spirituale della parola e alla natura umana distinta in corporea, animica e spirituale. Nei ricordi della sua vita Margarita Woloscin scrive che Rudolf Steiner con quella domanda pensava già all’euritmia – e a lei dispiaceva molto non averlo compreso.
Nel 1911 si presentò un’opportunità concreta: in un colloquio che Clara Smits ebbe con Steiner, lei gli parlò della propria figlia diciottenne, Lory, che nutriva il desiderio di iniziare una formazione in ginnastica o meglio ancora in danza. La madre non sembrava molto entusiasta di questa idea, ma chiedeva se non potessero essere risvegliate forze salutari nell’essere umano attraverso determinati movimenti. A questo poteva ora allacciarsi Rudolf Steiner. Si dichiarò felice di dare indicazioni e subito diede a Frau Smits i primi esercizi pratici per sua figlia.
Dietro le insistenze di Lory Smits che glielo chiedeva continuamente, Steiner già nel settembre del 1912 trovò il tempo per i primi insegnamenti. Presto divenne chiaro che la nuova arte non sarebbe stata solo una nuova danza: già nelle prime lezioni di euritmia Steiner disegnò una coreografia, che doveva aiutare bambini che soffrivano di vertigini. Già nelle sue origini nell’euritmia agivano insieme aspetti espressivi /scenici, pedagogici e terapeutici. L’ultimo giorno del corso si rifletté che questa cosa doveva anche avere un nome. Secondo i racconti dei presenti, fu Marie Steiner a esclamare spontaneamente “Euritmia” (in greco “Eu”= bello, aggraziato; “Rythmus”= movimento).
Mentre Lory Smits stessa esercitava ancora i nuovi movimenti, iniziò a insegnare euritmia a un gruppo di bambini. Incontrò così nuove compagne di strada: nella prima rappresentazione che ebbe luogo nell’agosto del 1913 a Monaco, già sei euritmiste presentarono la giovane arte. In seguito si sviluppò una vivace attività di corsi e di rappresentazioni. Le giovani euritmiste esercitavano ancora anche i nuovi elementi – e al tempo stesso insegnavano a bambini e ad adulti. Solo nel 1922 si unì al gruppo il primo uomo. Steiner accompagnò l’euritmia con intensa partecipazione. Ogni volta che era possibile pronunciava parole di introduzione alle rappresentazioni e durante le prove dava ulteriori suggerimenti.
Il 1919 fu un anno speciale per l’euritmia. Dopo quasi sette anni di intenso lavoro e molte rappresentazioni interne l’euritmia fu presentata al pubblico con spettacoli nel teatro di Zurigo e in quello di Winterthur. In breve tempo si susseguirono molti spettacoli pubblici. In prevalenza la nuova forma artistica fu accolta positivamente, anche se naturalmente vi furono anche voci critiche o di rifiuto. Quando ancora Steiner era in vita vennero organizzate in Svizzera e in Germania tournée che girarono tutta Europa, spesso riempiendo grandi teatri.
Nel 1919 alla fondazione della prima scuola Waldorf a Stoccarda, l’euritmia divenne una materia scolastica regolare.
L’euritmia nella scuola Waldorf
L’euritmia venne naturalmente integrata nell’organizzazione delle materie. Steiner dichiarò l’euritmia materia obbligatoria, un onore accordato solo ad essa. A una delle prime euritmiste diede questo singolare consiglio: “Se avete di fronte a voi uno scolaro che secondo voi ha fatto sei errori, per farmi piacere ditegli/fategli notare solo il settimo.” Problemi naturalmente ve ne furono. Per questo Steiner fu sempre il più possibile flessibile con l’euritmia: a un ragazzo che proprio non si riusciva a contenere durante l’insegnamento dell’euritmia, consigliò di lasciare che partecipasse all’ora di lezione disegnando quel che gli altri eseguivano euritmicamente.
Fino alla sua morte nel 1925, Steiner accompagnò con grande partecipazione la scuola Waldorf e l’insegnamento dell’euritmia ed era felice dei suoi progressi. Nelle conferenze di pedagogia che tenne in diverse località si espresse sempre in modo positivo sul tentativo di scuola e citò come naturale, ma anche di grande utilità nella sua azione nel piano di studi. Talvolta alcuni scolari lo accompagnarono nei suoi viaggi e mostrarono come avevano lavorato in euritmia.
Perché è irrinunciabile l’insegnamento dell’euritmia?
Che gli scolari di una scuola Waldorf sappiano danzare il proprio nome può anche non essere un obiettivo. In euritmia l’essere umano parla o canta non con la propria voce, ma rendendo strumento d’espressione la propria figura, il proprio movimento. Il contenuto, ma molto più ancora l’atmosfera dell’anima e le immagini interiori vengono plasmate in forme eseguite coscientemente e in gesti artistici. All’asilo e nelle prime classi si inizia con piccole storie animate nel movimento. I bambini assumono il carattere del singolo personaggio, si muovono come principesse o come l’orso o il cavallino. Attraverso svariati esercizi geometrici e di ritmo, gli allievi delle classi successive sviluppano in gesti e forme nello spazio le proprie capacità di movimento e di espressione. Nei brani, negli esercizi, ma anche nei movimenti propri e dei compagni educano la loro facoltà percettiva. L’euritmia contribuisce a formare una sensibilità è una consapevolezza musicale, linguistica ma anche sociale. Essa mette a disposizione un enorme repertorio di movimenti che può essere differenziato come il suono nel linguaggio nell’espressione creativa. Nelle classi superiori gli studenti sono in grado di lavorare in modo autonomo nel processo che va dalla scelta del brano fino alla messa in scena.
Di fronte ai genitori della prima scuola Waldorf Steiner illustrò una volta gli effetti dell’insegnamento dell’euritmia: “Così l’euritmia agisce sulla facoltà cognitiva e sulla volontà – nel senso della mobilità, della capacità di avere interessi e dell’autenticità – e sull’animo che si trova fra la capacità conoscitiva è quella volitiva. È così infinitamente importante che l’uomo euritmia andò si colga come un tutto, che egli non abbia il corpo da una parte e l’anima, lo spirito dall’altra”. Questi sono a tutt’oggi gli ideali più alti per l’insegnamento dell’euritmia: aiutare i bambini a sentirsi bene in se stessi, a rendere il loro corpo una “casa” adatta e appropriata per la loro anima. Di questo fa parte anche il collegamento fra conoscenza e manualità: quanto spesso risulta difficile ai ragazzi, ma anche a noi adulti, fare ciò che abbiamo conosciuto come giusto. Essere iniziativa per i nostri personali impulsi, ma anche per gli altri e per il mondo che ci circonda. Nell’occuparsi a fondo di un brano musicale o di una poesia, nel conquistare la propria possibilità espressiva e nell’utilizzo della creatività queste qualità possono essere esercitate nell’insegnamento dell’euritmia. Per quanto esercizio sia richiesto, per quante ripetizioni siano necessarie, per quanti accordi si debbano trovare (e mantenere), prima che un brano sia pronto per la scena. Questa è, collegata all’attività artistica, un’educazione della forza di volontà e di iniziativa.
L’euritmia in 100 anni
L’insegnamento dell’euritmia è ancora significativo e adatto ai tempi? Un gran numero di rappresentazioni, conferenze, pubblicazioni, ma anche eventi e video nell’anno del giubileo documentano come l’euritmia venga sperimentata in modi molteplici e consapevoli.
Per il futuro si delineano due tendenze. Per l’ulteriore sviluppo dell’euritmia sarà importante approfondirla comprendendola ed esercitandola – e al tempo stesso individualizzandola. Una serie di progetti attuali di ricerca e di publicizzazione dell’euritmia aiuteranno a superare le difficoltà di comunicazione nelle quali si trovano molti euritmisti. Con un corso di studi accreditato, riconosciuto dallo stato l’euritmia avrà ulteriori riconoscimenti sociali. Mette però a rischio la propria continuità, se non può più essere percepita come arte da palcoscenico. Infatti il reale approfondimento risiede nell’esercizio attivo, nel reciproco presentare e percepire del lavoro e nel comune sforzo di comprensione. Per questo però occorre un pubblico è un luogo in cui rappresentare – e in questo alle scuole Waldorf è attribuita una particolare responsabilità. Quanto articolata e vitale sia l’euritmia, lo hanno dimostrato negli ultimi mesi una serie di iniziative di allieve e di giovani euritmiste: persone giovani tentano di mostrare il loro accesso all’euritmia. Confini fra Stati e culture vengono qui superati.
Il gruppo brasiliano “Terranova euritmia” ha compiuto tre tournée internazionali. A Witten ha avuto luogo il nono Forum di euritmia: oltre 500 partecipanti da dodici nazioni, gruppi di allievi, di studenti, di gruppi artistici o di solisti per quattro giorni hanno mostrato gli uni agli altri quel che avevano elaborato. Nel “What moves you?” gli allievi hanno eseguito la Quinta sinfonia di Beethoven: in euritmia! Essi hanno formato un casting e d’estate eseguito le prove a Berlino. I giovani hanno lavorato con sette esperti coreografi euritmici. Infine hanno eseguito la loro rappresentazione con l’accompagnamento orchestrale nella scuola Waldorf di Kreuzberg.
Una serie di iniziative dalla Germania al Brasile dimostrano chiaramente che come più di cent’anni fa i giovani chiedono l’impulso dell’euritmia. L’euritmia è giovane di cent’anni.
Di Michael Leber e Matthias Jeuker
Se la scienza dello spirito non diventerà fattore culturale, alla fine del XX Secolo l’Europa arriverà alla barbarie. Così disse Rudolf Steiner precorrendo i tempi. In che situazione ci troviamo attualmente? E che significato ha per l’euritmia? L’euritmia è diventata un fattore culturale nell’arte?
Una discussione che si limitasse ai giudizi di fondo rispetto a questi temi sarebbe totalmente inutile. È necessario invece riconoscere che nel presente vi è un grande squilibrio fra vita culturale ed educazione da una parte ed economia dall’altra. Ma è assurdo lamentarsene: non si deve gridare “al fuoco”, bensì spegnerlo.
“L’angoscia animica del presente” – e il bisogno di superarla – ci appare in innumerevoli sintomi. Nel 1924, ad Arnheim, Rudolf Steiner disse ai giovani: “Il mondo va riedificato dalle sue fondamenta”. Sono parole ch conservano tutta la loro attualità e radicalità.
Come può riuscire un’arte relativamente giovane quale è ancora l’euritmia in questo difficilissimo esercizio di equilibrio: inserirsi in un mondo economicizzato – sebbene stenti a mantenersi in vita – senza offuscare o addirittura perdere il proprio impulso spirituale?
Il mondo è il risultato di equilibri. L’euritmia deve riuscire a proporsi come elemento che crea equilibrio. Per questo sono necessari due elementi: un interesse ampio per l’arte del presente (quella non antroposofica) da un lato e un approfondimento spirituale sempre più ricco da parte dei singoli euritmisti ed euritmiste dall’altro.
Da alcuni anni si osserva il fenomeno opposto: tranne alcune eccezioni, l’euritmia si è relativamente isolata all’interno della scena artistica. E l’approfondimento antroposofico ha luogo solo in alcuni o viene sostituito da surrogati. Anche nei collegi delle scuole Waldorf diminuisce la comprensione per l’euritmia.
Quando fra il 2012 e il 2013 partecipai alla Commissione per la scuola del Parlamento tedesco, ebbi modo di osservare che il concetto di educazione in Germania si era ristretto a quello di qualificazione professionale. Si prendevano in esame esclusivamente i problemi legati agli stipendi, al personale, alla comparazione delle qualifiche, non però le questioni riguardanti la qualità dell’educazione. Se ne discuteva tutt’al più nelle pause, o bevendo un caffè, nelle conversazioni private. E benché vi fosse un profondo desiderio di considerare l’uomo come un essere complesso e di orientare l’educazione secondo quest’immagine a tutti i livelli, piuttosto che sulle richieste del mercato del lavoro, tale impulso non trovava poi alcun sostegno concreto.
Da dove possiamo trovare, noi euritmisti ed euritmiste, tale sostegno? Vorrei indicare qui tre motivi, benché sicuramente se ne possano individuare altri.
Il primo motivo è che la nostra anima si amplia se ci poniamo di fronte all’arte del presente e al tempo stesso lavoriamo al nostro approfondimento spirituale. Da questa apertura (talvolta non priva di sofferenza) nasce l’esigenza di una collaborazione con gli altri autentica, seria, sincera, perché ben presto ci si accorge che da soli non si va molto lontano. Quando questa necessità viene posta con tutta la sua forza, il desiderio di un incontro potrà trovare una risposta in quello che Rudolf Steiner chiamava “culto rovesciato”: “Risvegliarsi allo spirituale-animico dell’altro uomo”. Questa è un’arte somma. Nient’altro mi sembra abbia pari importanza per l’euritmia oggi quanto questo motivo. Andrebbe elaborato addirittura un canone dell’incontro.
Il secondo motivo scaturisce dalla domanda su quali strade seguano gli impulsi spirituali del presente. L’approfondimento spirituale dei singoli, come ricordavamo prima, ne costituisce la naturale premessa, il mutamento della nostra percezione e del processo conoscitivo il necessario fondamento. Con ogni nuovo essere umano arrivano nel mondo nuovi impulsi spirituali. Quando siamo davanti a lui, siamo di fronte al mondo spirituale in una forma relativamente pura. Se non prendiamo sul serio un giovane, respingiamo anche gli impulsi che egli porta con sé.
Quando la gioventù si ribella, è il mondo spirituale a ribellarsi in ogni giovane uomo, dice Rudolf Steiner, e se non prendiamo sul serio i problemi dei giovani, se non li consideriamo impulsi cui dare forma, quei problemi si trasformeranno in istinti di potere.
Il terzo motivo si potrebbe definire forza dell’equilibrio. Rudolf Steiner ci indica come l’essere umano a ogni passo, a ogni movimento delle braccia, vinca il peso terrestre e come lì agisca una forza inconscia che mette in relazione le forze che operano interiormente con quelle della gravità.
Nell’euritmia vive la forza dell’equilibrio, un “occultismo igienico”: in un mondo spaccato “nel quale l’uomo non riconosce più l’Altro”, l’euritmia è quindi capace potenzialmente di creare pace a ogni livello. Per questo deve entrare nel mondo attuale, nei punti critici, nelle zone problematiche – da uomo a uomo, nei rapporti di tensione fra l’anima e la terra, nelle tendenze alla divisione della nostra società. Deve misurare con autocritica l’efficacia raggiunta in questi ambiti. E intervenire così anche sui temi e i contenuti dei conflitti sociali.
Oltre a una presenza sempre più organica nella nostra società attuale, lo studio dell’euritmia deve percorrere strade nuove, inserita come “metodo di studio” nel curriculum e nel corso di studi di ogni studente, non importa di quale facoltà. Oggi sarebbe necessario inoltre un lavoro dialogico cosciente sull’educazione della fantasia. Quel che un tempo era scontato, ora spesso non lo è più. Non vi è alcun ritorno a un Paradiso perduto, vi è solo una strada che va persorsa, come descrive Heinrich von Kleist nel suo saggio Über das Marionettentheater (“Sul teatro delle marionette”). Di fronte a noi vi è l’impegno di elevare a coscienza vivente cose che prima erano ben racchiuse nell’inconscio, pur senza essere soffocate del tutto. Molte persone cercano l’euritmia, ma non riescono a trovarla. La nostra capacità di dialogo è il presupposto per agire con una funzione equilibratrice. “Il risveglio nello spirituale-animico dell’Altro”: qui risiede forse il più grosso potenziale di crescita dell’umanità. Un potenziale che è ancora in gran parte da scoprire. L’euritmia quale arte cristico-dialogica nel senso migliore vive per propria natura in questo elemento. E proprio qui nella cultura dell’accordo e dell’equilibrio risiede la sua forza creatrice di pace – ma solo se in noi, euritmisti ed euritmiste, vive l’apertura e la disponibilità alla trasformazione fin nel nostro stesso Io.
Danza, pittura, disegno, musica, poesia… sono arti e talenti che tutti conoscono. Ben diverso è il caso dell’euritmia, arte giovane, ancora poco nota. Eppure tutte le racchiude in sé, rende visibili pensieri e musiche, li porta in forme e movimenti…
Rudolf Steiner sviluppò le prime basi dell’euritmia all’inizio del XX secolo. Sulla base della sua concezione di uomo, trasformò la figura umana e la sua inesauribile capacità di movimento in uno strumento di rappresentazione. Attraverso l’euritmia le leggi del linguaggio e della musica vengono tradotte in movimenti visibili.